La via della vita è la verità

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Ma c’è bisogno di essere credenti  (leggasi “illusi di qualche cosa di non dimostrabile sul quale fondare arbitrariamente dei valori”) per decidere di non abortire? Anzi per stare in quel territorio vasto e desolato dove non ci si pone il problema. Per stare lì dove arriva la vita delle persone senza pesarle come una porzione di affettato.

Quello che io contesto con tutto il fiato che ho in gola (e ora me ne è rimasto pochino perché Margherita ha di nuovo postato dieci foto mie su Facebook senza il mio permesso e soprattutto senza  gli adeguati ritocchi: tipo rimuovere il water dallo sfondo, eliminare quella con espressione ebete. O meglio non metterle del tutto che fa tanto bimbomonkia!) è che la legge 194 ha imposto piano, piano a tutti di ragionare come dal salumiere.

Che si fa? Ha un cromosoma in più; che faccio, lascio? Ha due emorragie. Che dice signora, togliamo? Cominciamo un altro prosciutto? Non ci vedrà. Che fa, ci riprova? Ne fa un altro?
E, ahinoi, io sento spesso anche in contesti cattolici questo approccio. Si capisce dalle domande. Che presuppongono altri pezzi di pensiero non detti, forse nemmeno a sé stessi.

“Quindi avete deciso di tenerlo?”.

Quindi. “ Quindi” è come ergo. Vuol dire che ti accingi a concludere qualcosa. Qualcosa che deve per forza essere così.  Visto che è malato e visto che è ancora vivo, desumo che abbiate deciso di non accopparlo prima. Prima di metterci tutti davanti al fatto compiuto, intendo. Voi e il vostro egoismo., accidenti!

O magari, poveretti, non lo avete saputo in tempo. In tempo per accopparlo, si intende. È chiaro. Sapete che c’è la possibilità di intentare causa ai medici vero se le indagini prenatali non hanno rilevato quello che dovevano rilevare?

Ma che cavolo dici? E da quando un uomo può mettersi al posto di Dio (mai;  anche se è la tentazione per eccellenza)? Perché non capisci che è superbia e follia porsi questo problema?

Io sto nel mio cantuccio. Sto dove devo stare. Non tolgo la vita a nessuno – se Dio mi conserva lontana da orrori troppo grandi, da guerre, da abbrutimenti tali per cui non uccidere richiede la forza di un Titano; io, che non sono capace di darla la vita se non come tramite imperfetto eppure così tanto tenuto in considerazione dall’Autore. Sì perché ci sono personcine in giro che assomigliano a lui e a me. Che assomiglio a mia mamma e a  mio papà, ma di più allo zio. Lo Zio Ivo, che è appena morto. E alla nonna Rita. Forse anche al nonno Carlo? Ho visto solo due, tre foto del nonno Carlo.

Questa mattina, vagando per la rete, ho letto, in calce ad un servizio che celebrava la vita di una famiglia, il  commento di una mamma con un figlio già adulto che lei definisce simpatico, furbo e autonomo che però, a causa della sua disabilità, soffre di non poter dare seguito a tutti i suoi desideri. Di non poter scegliere tutto. E aggiunge che, se lo avesse saputo prima, sicuramente lo avrebbe abortito. (Mi auguro che tra le difficoltà del figlio ci sia una gravissima dislessia che gli impedisca di leggerlo. Ma tanto questo passa anche non detto!).

Siccome sono vigliacca e mi tremavano le mani, non sono riuscita ad intervenire lì, sul commento incriminato. Sono qua che tremo perché sento lo stesso sguardo di tanti su mio figlio. Che se non interviene direttamente Dio o una novità medica incredibile non avrà mai nemmeno una vaga parvenza di normalità.

Però alt un attimo.

Non possiamo legger affermazioni così e lasciar correre. Stiamo ammazzando persone e logica. Vite e verità.

Neanche io che sono nata più o meno sana posso fare tutto. Credo ad esempio che la mia emicrania o anche solo delle carie mi avrebbero impedito di fare la pilota di caccia. A saperlo prima potevano pure ammazzarmi. I miei genitori, dico. Che trogloditi.. Che egoisti.

Sì; ho preferito scriverne altrove piuttosto che affrontare di petto questa persona. Una donna, una madre che senza dubbio proverà consistenti sentimenti di affetto per questo figlio. Ma ha avvelenato in sé la fonte dell’amore e della riverenza per la vita. Dice che ha ricevuto un danno –lui! – col nascere. O forse non vuole ammetterlo, ma è più a sè stessa che pensa. E la capisco. È pesante, pesantissimo, è durissima la malattia. Soprattutto ora in questo contesto di pensiero. O meglio. È dura ma potrebbe pure esserlo di più. In Italia, per ora, i servizi fondamentali ci sono.  È ancora diffusa una certa solidarietà, anche per inerzia, si tende a considerare vita ogni vita. Almeno i più distratti o i meno influenzati dal pensiero unico imperante.

Ma senza girarci troppo intorno. Chi è che si incarica di dire a lei che al netto di tutto il suo dolore, frustrazione, umiliazioni, frustrazione ha detto e pensato una cosa mostruosa? E che ammettere pacatamente che avrebbe dovuto, non potuto, ma dovuto, per essere davvero altruista e amarlo, avrebbe dovuto ammazzarlo, suo figlio è terribile?

Che la verità è che i figli non si ammazzano? Che ammazzare ha conservato intero il suo significato? Chi glielo dice? Io, si sa, non me la sento. Piango e vado in agitazione. Ma se non salta fuori nessun altro lo farò. Glielo dirò, in modo accogliente e rispettoso, caldo e umano, ma tutto intero. Le dirò intera e intatta la verità. Che uccidere è contro Dio e contro l’uomo.  Mi lascerò detestare. Mi lascerò disprezzare e coprire di insulti o di generiche autorizzazioni a pensarla un po’ come caspita mi pare. Ma non mi farò mettere di nuovo nel ghetto delle opinioni tutte equivalenti.

Non è un’opinione. È la verità.

Ed è della verità, piccola parziale e poi intera e bella, che abbiamo tutti di nuovo bisogno. Se sarò capace prenderò il giro largo. Altrimenti glielo dirò e basta. In modo antipatico, asciutto, inappropriato forse. Proprio io che me la prendo per le sfumature di tono. Glielo dirò come potrò.  Ne ha bisogno.

 

(articolo già pubblicato per La Croce quotidiano, http://www.lacrocequotidiano.it/abbonarsi-ora)

 

6 pensieri su “La via della vita è la verità

  1. No, non c’è bisogno di essere credenti per difendere la verità, per dirla ogni giorno, per sostenere ovvietà ed evidenze che fanno parte della nostra natura: basta usare quella ragione e quella sensibilità di cui Dio ci ha dotato, che ormai sono state sostituite dal delirio di onnipotenza…
    I credenti che hanno abdicato questo compito, hanno in realtà perso la fede: preghiamo affinché la ritrovino.
    Grazie Paola!

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  2. Affermalo, se vuoi, finanche con veemenza, soprattutto quando è inopportuno e indisponente farlo che “la verità deve essere detta tutta, perché il nn dir certe cose, il nn affermarle, il metterle da parte, è già mentire…” ed esser complici di cotante atrocità

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  3. Io ho un figlio che a causa del suo carattere, delle sue insicurezze, spesso si è sentito discriminato, inferiore, se lo avessi saputo che facevo? Provavo con un altro per vedere se veniva meglio? Poi ne ho uno che non ho partorito io, lo ha partorito un’altra mamma, ma che è diventato il nostro quarto figlio. Simpatico, rompiballe, non farà mai molte cose che vorrebbe fare, sostiene di essere troppo tirchio per potersi sposare, e di non poter guidare l’auto perché non ha imparato ad andare in bicicletta. E’ un ragazzo con la sindrome di down. E’ un figlio, punto. Il problema è che i figli sono un dono per questo, non li scegliamo e quando decidiamo di non metterli al mondo per evitare a loro il dolore della vita, in realtà ci auto infliggiamo una ferita che non guarisce mai. Per questo cerchiamo tutta la vita, scuse, giustificazioni e persone che ci dicano che abbiamo fatto bene

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