In salvo

 

«Prima le donne e i bambini!»

Questo ordine urlato con voce maschile e stentorea era sicuramente esecutivo  e ben presto eseguito.  Lo si sentiva risuonare in tanti film storici e d’avventura nel momento di un disastro, di un rovescio che si abbatteva su tante persone, su porzioni di popolo. Erano gli uomini, a gridarlo.

Erano gli uomini. E lo facevano mentre si aprivano la strada menando fendenti da moschettieri e scuotendo piume sui cappelli lungo la Senna o spostando travi cadute da tetti mangiati dalle fiamme in una prateria del Kentucky – scusate la mia immaginazione così standard, così Hollywood prima maniera!. E vedere che impiegavano  tutte le loro forze per salvare donne e bambini obbedendo proprio a questo ordine,  mi ha sempre fatto provare commozione e fierezza. Una nave sta per affondare? Evacuazione! Prima le donne e i bambini. Ci sono degli ostaggi? Rilasciateci i bambini. O la donna in attesa – di un bambino, utile dirlo, ora. Odi il mio popolo e vuoi strapparmi le donne e i figli? Non senza che io abbia lottato fino alla morte per impedirtelo.

La foto scattata nello Studio ovale della Casa Bianca che ritrae un compunto neo presidente Trump, con la sua mai abbastanza commentata pettinatura, e una decina scarsa di maschi urbanizzati e incravattati a fargli corona mentre firma un documento, sta facendo discutere.

Il  45° presidente degli Stati Uniti è ritratto mentre due giorni fa apponeva la sua firma all’ordine esecutivo che ripristina il divieto voluto da Ronald Reagan nel 1984, la Mexico City Policy – e sospeso da Clinton e da Obama, per impedire i finanziamenti federali  alle ONG che pratichino o promuovano l’aborto in giro per il mondo. Lo scatto ha fatto esso stesso, manco a dirlo, il giro dello stesso mondo. Via tweet, via facebook, via google. Indignando a destra e a manca. Più a manca.

E sapete che cosa ha tanto animato e fatto indignare account, utenti e sedicenti maitre à penser? Ma è ovvio: che non ci siano donne. Nella foto.

Dove sono le donne? Perché questo omofobo-maschilista- irrispettoso- conservatore- spietato -misogino inaccettabile- (a metà della sequenza vi consiglio una breve pausa respiro) POTUS può permettersi di firmare una legge che tolga un qualche argine alle caleidoscopiche possibilità di aborto alle donne?

E dire che stavamo andando avanti così bene. Così spediti, così trionfali. Stavamo arrivando da qualche parte, in un punto importante del grande viaggio del progresso. Eravamo così avanti. E invece ora ci tocca vedere un capo di Stato, anzi il capo di una ancora indiscussa potenza mondiale,  che è lì e, lo sapete tutti!,  non dovrebbe starci, circondato da soli uomini-maschi a firmare una cosa che riporta indietro. E indietro, si sa, è sempre male. È sempre meno bene. Quelli prima di noi sono sempre un po’ più stupidi, si sa.

Dove erano le donne poverine? Dove sono ora le donne, eh? Qualcuno sa dirmelo?

Azzardo, timidamente: non lo so! Dipende dalla fascia oraria e dal numero figli, fratto il budget familiare. E dal coefficiente lavoro. E dal fuso orario. Io e molte mie omologhe stiamo organizzando il pranzo. Altre stanno lavorando. Alcune sono all’ospedale vicino al figlio appena uscito dalla sala operatoria. Altre ancora staranno partorendo, alcune abortendo. Moltissime saranno impegnate a cercare di agguantare il cordone ombelicale che le sta facendo crescere e maturare dentro la pancia della loro mamma. Alcune, già nate senza previo consulto-sarà valso sicuramente l’arcinoto e molto civile principio del silenzio/assenso- ,alcune dicevo,  invece, sono impegnate a lanciare tweet con l’hashtag  #shoutyourabortion. Insieme o dopo quello del 21 gennaio:  #WomansMarch.

 

Sì, perché la nuova frontiera è il pride. L’esserne orgogliose. Sta uscendo anche dagli incisi dei pro-choice il fatto che questa scelta possa essere dolorosa. Solo una tenerona come la Signora Cirinnà, che, è risaputo, ha il cuore di burro (lo si vede da come ama i suoi figli non umani), può sprecare una significativa porzione dei  140 caratteri a disposizione per  un superlativo assoluto.

Ora non ci sono più scuse,basta medici obiettori. Deve essere garantito sempre e ovunque diritto donne a #aborto libera scelta dolorosissima,

cinguettava infatti immediatamente dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Misericordia et misera del Santo Padre il 21 novembre scorso per dire la sola cosa che possa venire in mente dopo lettura attenta, integrale e sofferta di un documento così: via l’obiezione di coscienza dalla professione medica e subito. È ora di finirla.

Ma torniamo a loro, torniamo agli americani e al loro presidente. Ha firmato quell’ordine esecutivo e altre misure che vanno tutte nella stessa direzione.  America first. Prima l’America e gli Americani. E innanzitutto occorre che gli americani nascano e una volta nati e rimirato lo stesso cielo stellato dal Nebraska alla California, da Detroit a New York, possano magari trovare lavoro sul suolo coperto da cotanto firmamento. L’ordine esecutivo in questione, però,  non tocca la legislazione sull’aborto negli Stati Uniti. E in ogni caso il potere legislativo spetta al Congresso. Intanto però il vento è girato. Si sente vero?

(Dovrebbe sentirsi ancora di più se i media facessero quello per cui hanno assunto questo nome:  farsi tramite, essere i mezzi che ci raccontano cosa succede e cosa sta per accadere. Perché è più che certo. Trump sostiene fortemente la March of life che oggi, 27 gennaio 2017, giunge alla sua quarantaquattresima edizione. Su Google, digitando Marcia per la vita Washington 2017, la notizia compare come ottavo e decimo risultato e ha come fonte la NBQ e Notizie Provita. Prima ci sono notizie d’archivio delle edizioni precedenti.  I soliti Davide e i soliti Golia.

Si sentirà  eccome, vedrete, nonostante la censura scandalosa. Si sentirà soffiare sempre più forte e gagliardo, questo vento, se Dio vorrà, perché è di oggi (ieri per chi legge, ndr) la notizia che ci siano già atti precisi che riguardano la difesa della vita fin dal suo concepimento anche entro i confini federali. Che riguardano l’impiego dei  soldi dei contribuenti nolenti per le febbrili attività degli instancabili abortifici. Si tratta del provvedimento,« il No Taxpayer Funding of Abortion Act, che rende permanente il Hyde Amendment.  Anche in questo caso si tratta di una svolta dato che quest’ultimo, oggetto di scontro costante fra repubblicani e democratici, doveva essere ratificato ogni anno affinché l’aborto non fosse finanziato con i soldi dei contribuenti nei programmi sanitari pubblici. Al contrario il neoeletto presidente, rispettando la promessa fatta in campagna elettorale, ha confermato che se la legge passerà anche al Senato il divieto sarà permanente e non più passibile di discussioni», spiega la giornalista Benedetta Frigerio» NBQ 27/1/2017)

A me, che dico con Madre Teresa di Calcutta e con mio figlio in braccio, che dopo il concepimento non c’è più nulla da decidere, ma che mai condannerei una donna che ha abortito perché sarei troppo impegnata a piangere con lei e ad abbracciarla, a me, dicevo, quella foto ha fatto pensare agli uomini che tornano al loro posto. E gridano «Prima le donne e i bambini!».

Salviamoli, sono il tesoro più prezioso di una nazione. Che ha confini precisi, aggiungono.

Mentre le donne, alcune donne, urlano, chi con le pudenda al vento, chi più pudicamente lanciando tweet o reggendo cartelli coi vestiti addosso, urlano e strepitano che Trump è un loro, un nostro nemico.

Certo qui siamo nel facile campo della retorica. Trattasi di una foto, di un semplice scatto. La realtà resta in tutta la sua multiforme e a volte greve complessità.

Però, signore e signori, donne, bambini e uomini, come è bello vedere che le cose e le idee possono cambiare. È commovente vedere che ci sono uomini, maschi e femmine, che dicono e agiscono proprio come se la vita di ogni  persona fosse un valore sempre, a priori, senza calcolare tutto il bene e tutto il male che potrà fare una volta nata. Vale in sé e vale il rischio di farla nascere sempre. Come è bello sapere di decisioni, di atti che possono davvero fare la differenza nella vita di tante persone. Ne parleremo a lungo, credo. Ne parleremo fra qualche anno, forse, con molti insospettabili sopravvissuti.

 

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Am i still Your child?

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«Nessun bambino dovrebbe avere paura»

L’ormai ex candidata alla Casa Bianca ha anche citato, seppur non direttamente, il presidente eletto Trump, facendo riferimento all’episodio di una bambina del Nevada che era scoppiata in lacrime per paura che i suoi genitori siano espulsi dagli Stati Uniti: «Nessun bambino dovrebbe vivere con una paura come questa – ha detto Hillary Clinton criticando il magnate repubblicano sul tema dell’immigrazione – Nessun bambino dovrebbe avere paura di andare a scuola perché è `latino´ o afroamericano o musulmano o perché ha una disabilità» (Dal corriere.it, Annalisa Grandi, 17 novembre 2016)

Nessun bambino. Nessun bambino dovrebbe avere paura.

Ha ragione signora Clinton. Eccome se ne ha.

La vostra – è necessario il distinguo, mi spiace-  Hillary  si fa coraggio dopo i giorni più brutti della sua vita, che ha avuta, perché l’ha avuta!, ed esce di casa. Per il gala della  Children’s Defense Funds . Senza truccarsi, credo. Sembra me che corro a scuola in fretta e senza essermi ancora guardata allo specchio. Per quanto riguarda il colorito almeno.

Dice che aveva pensato che non lo avrebbe più fatto. Se non per portare a spasso i cani. Sarebbe poi rientrata in casa per mettersi a leggere un libro. E io mi chiedo, curiosa: quale? Che libro? Di cosa nutre la mente e lo spirito questa signora?

Sarebbe una domanda che le farei. Come in un colloquio di selezione del personale.

Ultimo libro letto? Mi motivi la scelta. E cosa le ha lasciato questo romanzo o quel saggio? Cosa la fa ridere in un racconto? E nella vita? Cosa guarda di una persona? Cosa la colpisce maggiormente?

Quali sono i suoi valori?

Esperienze pregresse? Partiamo dall’inizio.

Davvero? Ha lavorato nella Children’s Defense Funds? È in quella organizzazione che ha intrapreso la sua carriera legale? Ha conosciuto direttamente la fondatrice?

Ha letto qualcuno dei suoi libri? Io no e conosco della sua vita solo quello che riferisce Wikipedia. Ho scorso proprio ora la lista di opere pubblicate a suo nome.

Marian Wright Edelman ne ha scritti diversi.

I’m your child, God, ad esempio. É un libro di preghiere per bambini e adolescenti.

Ora basta giocare. Glielo chiedo direttamente. Come può anche solo articolare il pensiero muto, (non parliamo del trasformarlo in diritto, non ragioniamo sul fatto che lo ha messo a tema nella sua campagna elettorale. Chi, sano di mente, potrebbe davvero desiderare di poter uccidere suo figlio in travaglio?) di permettere e finanziare l’uccisione di uno di questi bambini di Dio fino a che non è del tutto uscito dall’utero di sua madre?

Ora le dico una cosa. Fra non so quanto tempo si parlerà di questo orrore planetario dell’aborto, del massacro di bambini che facciamo in tutto il mondo da decenni,  come di una vera gigantesca follia. Di una razionale crudeltà estesa a tutte le latitudini insieme con la malattia mentale che fa dire a grandi masse di persone che è giusto.

È una totale, insensata, spietata pazzia. È un crimine indicibile. È una cosa che toglie il sonno. Perché toglie l’essere, no toglie la vita a milioni di bambini. A me toglie il sonno. Mi fa orrore pensare che scorra questo sangue. Mi fa orrore camminare su questa terra che raccoglie tutto questo sangue. Non mi capacito della quantità di sangue che fate scorrere. Non mi impressiona la faccia schifata e la supponenza dei benpensanti annoiati da questo argomento. Non me ne frega proprio niente.

Siete voi i pazzi. Siete di una crudeltà ineguagliabile.

Per nulla a me cara, eppure amata al punto che saperla così schiava del male mi raggela, signora Rodham, qualche decennio fa espulsa senza particolari inconvenienti dal canale del parto dietro il quale stava sua mamma; carissima nonna, anziana donna dai modi urbani e affettati- quando non algidi e feroci-, sono così felice per noi che lei abbia perso queste elezioni e che la sua carriera politica sia finita senza possibilità di ricorsi in appello!

Basta. Ora basta, si quieti. E sa, sono contentissima per i bambini che forse (perché non è che lei sia la sola a perseguire determinati obiettivi) scamperanno all’uccisione sulla soglia della vita extrauterina. Ma sono contentissima anche per lei.

Forse avrà tempo. Forse avrà occasione. Forse potrà spaventarsi  e sobbalzare per l’improvviso risveglio di una coscienza che lei pure, accidenti, deve avere. Forse farà in tempo a sentire, come un acido reflusso, salirle dallo stomaco, il rimorso. L’orrore per le uccisioni che ha permesso e promosso.

Forse dirà appena in tempo: che cosa ho fatto, mio Dio. Oh, my God. I’m your child. I’m still your child.

Am I still your child?

Pietà di lei, Dio. Pietà di me, di noi. Pietà.

 

Non siamo Dio. E si vede

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Considerando più sporadicamente che posso, codarda, i fatti del commercio di organi e tessuti di bambini  uccisi ad opera della Planned Parenthood la cosa che ha iniziato a farmisi via via più evidente è questa: il mercato dei tagli scelti di bambini abortiti a diverse età di gestazione dimostra più di cento CAV e Movimenti prolife e Marce e obiezioni di coscienze illustri  che chi fornisce, chi commissiona e poi utilizza i pezzi esito di questa pratica ( Abortion is a safe and legal way to end pregnancy, leggerai appena ti va in homepage della PP, subito sotto il viso sereno e del tutto meritevole di esercitare un diritto di una donna giovane) sa perfettamente che un essere umano è tale da subito. Continua a leggere

Siamo come semirette. Meditazioni post nascita

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(articolo già pubblicato per La Croce Quotidiano, il 5 marzo 2015, in chiaro sul sito http://www.lacrocequotidiano.it)

Sono nata nel 1974. Sono nata. Anche tu. Anche tu. E tu.

Chiunque si metta a discutere ora di aborto o anche di economia domestica o di teorie geopolitiche o di tecniche di decoupage o di pizza può predicare di se stesso che, appunto, è. Esiste. Perché è nato. Ed è nato perché è stato concepito. Ed è stato concepito perché un uomo e una donna hanno avuto un amplesso. E poi è stato gestato per 280 giorni circa. E infine partorito. E cresciuto.  E in un certo senso anche ora è mantenuto nell’essere. Perché ora, in questo preciso istante, nessuno di noi può fare nulla per decidere delle proprie cellule, della loro esistenza e sviluppo.Certo possiamo incidere sul nostro organismo, eccome! Ma si tratta pur sempre di interventi di manutenzione su un gioiello della meccanica del quale io per esempio capisco poco. O della trista possibilità di distruggerlo a mazzate. Di decidere se trattarlo bene, favorirlo oppure mortificarlo con la nostra sciatteria o addirittura accanendoci contro di esso.

Tanti medici mi hanno detto, in questi due anni così dilatati da sembrare sei di indagini e cure per le vicende familiari che alcuni forse ricordano, che la medicina è una scienza approssimativa. E quanto più uno è bravo, tanto più riconosce l’enormità della materia che ha di fronte. Continua a leggere

Pure il martedì grasso

Una signora che ha seminato la giovinezza molti anni fa e che non conosco affatto, in mezzo alla folla di bambini impiastricciati di trucco, coriandoli e schiume colorate su vestiti in puro acrilico pirofilo, mi tocca la pancia. Così, all’improvviso e con grande confidenza.

Quella molle residuale del dopo dopo dopo dopo parto – insomma di questo puerperio di cui non si vede la fine – augurandomi, come si augura un accidente, figli maschi e di farne ancora tanti, ma proprio tanti!

Come un esperto sommelier del disagio, accompagna il tutto con un ghigno. Mi dispiace non ha i requisiti minimi per poter essere considerato sorriso, nemmeno di circostanza.È un ghigno vero e proprio. Solo perché il figlio che ha significato per noi il passaggio da famiglia caruccia e coraggiosa (3 figlie) a coppia prolifica a vanvera è il mio non le ho urlato in faccia: “pochissimo amabile vecchietta,  non lo sai che è malato?! E che soffriamo da due anni e poi e poi..e sono stata licenziata e insultata e sono rimasta incinta per volere del Padrone della vita e già ho alcuni parenti che si vergognano manco fossimo finiti in carcere per atti osceni in luogo pubblico?! Carissima sorella in Cristo?”. Questo avrei voluto urlarle in pieno viso. Ho svoltato interiormente a destra appena in tempo per incappare in un breve e a quanto pare efficace “Veni Sancte Spiritus, Veni per Mariam”; ho respirato. Infine ho ripiegato su un più modesto: “Scusi signora, non credo di avere capito  bene cosa voleva dirmi..”. Sfodero sguardo interrogativo e innocenza da educanda e poi sto lì e mi godo il suo imbarazzo. Certo, lo stridore di unghie sui vetri dà sempre un certo fastidio. Accidenti al carnevale e alle circostanze che mi ti ci hanno fatta incontrare. Ringhio di nuovo al mio interno.

No, scusa un attimo. Frugo nel mio guardaroba interiore in stile Cronache di Narnia, cerco e la trovo.  Indosso la veste battesimale e ci ripenso: Dio è morto per te. Vuole che ci ritroviamo in Paradiso. Ok. Allora grazie irritante e affatto giovane signora per queste ingiuste e aspre mortificazioni. Offro tutto. Anche per te. Che magari stasera o in punto di morte ci ripensi e capisci che non siamo noi che abbiamo osato fare figli, gli incoscienti sconsiderati. Noi, nonostante noi, siamo la speranza del mondo fatta di bambini.

Sarebbe un finale carino. Ma la vita è un’epopea e non ha i ritmi da sitcom. Infatti il Signore del tempo gliene dà ancora un po’ e anche a me. Cercando di guadagnare qualche centimetro alla mia rachitica pazienza.

La signora cambia tono, fa un bel respiro, lei, questa volta, e si scusa. Mi confida quanto abbia patito da giovane (ah quindi è stata giovane anche lei!), quanto abbia dovuto attendere il suo Gianluca, il suo unico e solo figlio nato. Due o forse tre li ha persi. Ho notato che molto spesso anche a distanza di decine di anni le donne, le mamme, ricordano tutti i figli che hanno ospitato in grembo. Anche quelli che il mondo non ha visto e non ha registrato. Quelli che non hanno un codice fiscale ma sicuramente un volto e riconosceranno il nostro, prima o poi. Il sarcasmo, concludo tra me e me, spesso è un separée.

Non riusciamo ad alzare veri muri di mattoni o cemento per tenere lontano da noi il senso del limite, il dolore che ci ha morso, magari cinquant’anni prima. Rimane, abusivo, ad occupare la nostra casa e allora sovente non ci riesce di fare altro che nasconderlo dietro una parete mobile, colorata e vistosa.

E da lì fa capolino facilmente se a fare da esca c’è uno sguardo un po’ più umano e attento del solito. O una domanda meno convenzionale delle altre. O un momento di imbarazzo dovuto alla presa di coscienza di avere ferito un’altra persona per non soffrire noi.

Allora benvenute alle cicatrici mal rimarginate. Benvenuto al residuo adiposo che ha fornito il pretesto a questo duello. Benvenuto a mio figlio così segnato. Benvenuto anche al Carnevale..Eh no! Questo è davvero troppo.  Non mi paice il carnevale, da sempre. Da bambina e da mamma, lo vivo con fastidio. Vestirsi tutti sgargianti in pieno inverno per stare fuori al freddo, in piazza, con le manine congelate in mezzo a tanti sconosciuti. O volersi travestire da sirenetta o da odalisca e non poterlo fare se non con una dolcevita color carne sopra al maglione, perché freddo fa freddo. E poi coriandoli ovunque. Che si tuffano sul letto, sotto il letto, dentro l’armadio, ovunque..dalla tua borsa di Liu Jo anche a tre stagioni dal Carnevale che li ha portati lì. Quando non sai bene perché ma decidi di usarla di nuovo, non prima però di avere portato a compimento le famose e a lungo rimandate pulizie grosse, proprio in camera tua.

 

 

 

 

 

Io sto meglio da grande

Certo si deve sempre crescere, occorre continuamente tendere a qualcosa, non si arriva mai (per ora!!); addirittura per approdare alla goduria totale finale e senza fine ci chiedono di farci come i bambini. Appunto, bambini. Non adolescenti. Non so bene cosa voglio esprimere , ho pure un po’ sonno e sto scrivendo in modo paradossalmente infantile.

Il concetto in sintesi è questo: io mi sento più felice, realizzata, equilibrata, in grado di godere delle cose, di accorgermi di quello che c’è , di inventare, di difendere ciò in cui credo, di difendere quelli in cui credo, di accettare di non piacere sempre a tutti, di sentirmi libera… ora. Continua a leggere