Per gratitudine 2.

Intervista a Sua Eminenza il Card. Carlo Caffarra, 13 maggio 2015

Pubblicata su http://www.lacrocequotidiano.it/abbonarsi-ora, il 28, 29, 30 giugno 2015

papafrancescoecaffarra

Seconda e ultima parte

Un fronte decisivo dove si giocano le sorti di questo nuovo modello che intende imporsi è proprio la lingua, il linguaggio. Non più attaccato alla realtà ma dissimulatore, manipolatore della realtà. Siamo all’estremo opposto della adaequatio rei et intellectus di S. Tommaso. Alcune cose non si possono più dire: guai a dire “utero in affitto” in tv! È la GPA, Gestazione per Altri. E non è commercio, è altruismo. Guai a dire che due persone dello stesso sesso non possono avere figli perché per procreare servono un uomo e una donna.. Molti rispondono con un’arroganza pseudoscientifica: “non è vero bastano uno spermatozoo e un ovocita” e soprattutto sembra che “basti l’amore”. (questo misconosciuto..). Guai a dire che esiste un mercato di gameti maschili e femminili, che peraltro non si trovano in una teca ma bisogna estrarli dalle persone. Le donne che si sottopongono all’estrazione (invasiva, aggressiva, fatta di bombardamenti ormonali, sedazione, aspirazione follicolare. Non è un intervento a cuore aperto ma è una pratica invasiva) di ovuli sono “donatrici”..Guai a ricordare che un neonato cerca naturalmente il seno materno.. La pratica dell’utero in affitto è orribile, aberrante. Ma ha un mercato!

I Vescovi europei (COMECE e KEK)a Bruxelles hanno firmato un appello in difesa delle vittime di nuove schiavitù. Per il 16% sono bambini. In esse rientra anche la maternità surrogata dove a venire sfruttato non è solo l’utero ma la donna intera, nella sua dimensione più intima e in un momento così cruciale come la gravidanza! Insomma a noi non fanno dire utero in affitto ma addirittura, nell’ordine della verità, è un’espressione troppo soft! Guai addirittura a parlare di reali differenze tra maschi e femmine. Tutte vanno sacrificate sull’altare di una raggelante uniformità, indistinzione. Guai a dire che l’eutanasia o l’aborto sono la soppressione di una persona, trattasi di pietà o di non persone (Il tutto ricondotto nelle magnifiche carte di diritti sessuali e riproduttivi, con tanto di obiettivi da perseguire entro precise date. Il 2015 per parità di genere ad esempio). Io ho pagato sulla mia pelle questo costume diffuso, questo modo di pensare che ha un grande alleato nella burocrazia (perché le leggi creano costume): mio figlio è gravemente ammalato e la cosa si sospettava già in gravidanza. Fino a 22 settimane avrei potuto sopprimerlo. Non sono mancati mai i medici o il personale sanitario che me lo abbiano ricordato, caldeggiato o addirittura rimproverato. Idem a posteriori: perché lo hai fatto nascere? Soffrire è brutto, come sono d’accordo…E allora che facciamo, eliminiamo la sofferenza eliminando il sofferente? Vorrei confessarvi una mia segreta ambizione: dimostrare dati alla mano che mio figlio – e le migliaia di innocenti che soffrono – è anche una ricchezza materiale. Non solo spirituale, o meglio: siccome ha un altissimo valore spirituale allora ha anche un effetto, una ricaduta materiale. Sennò sembra che le cose dello spirito sia elementi evanescenti, strati gassosi senza incidenza sulla realtà. Una presenza positiva non solo per me, mio marito le nostre figlie ma per tutti. Un bene. Io credo che strategicamente l’eliminazione di persone disabili o malate o apparentemente improduttive sia una colossale sciocchezza. Insomma queste persone non sono scarto (come denuncia sempre il Papa), sono ricchezza! Non nel senso di centri produttivi.. spero di essere riuscita a spiegarmi.

6- Forse sbaglio a piegarmi alla logica economica ma sono convinta che il Signore moltiplichi il bene fino ai beni più materiali. Ludovico è un centro di ricchezza, noi diciamo che porta benedizioni. Ma voglio che si possa vedere fino alle ricadute più materiali. Può essere ad esempio che la tenacia della nostra famiglia avrà effetti formidabili sulle performance lavorative delle mie figlie. O che renda ancora più grande la loro capacità affettiva, che contribuisca a consolidare i loro futuri matrimoni. E i matrimoni che durano sono ricchezza sociale. Che dite, sbaglio?

Io ne sono molto convinto e ritengo che questa riflessione oltre che vera sia molto profonda. La ricchezza spirituale alla fine per così dire fruttifica, ridonda anche sul benessere materiale delle persone. Faccio un altro esempio meno personalizzato. Oggi, tutti i grandi economisti sono d’accordo nel dire che un mercato senza etica alla fine non produce. Ma quando dicono “senza etica” non intendono dire che di ciò che hai prodotto, non ne dai una parte in beneficenza. Ma dentro i meccanismi del mercato deve dimorare un ethos vero! Un’etica intrinseca. Un mercato alla fine non produce se non è intrinsecamente etico.Volendo un po’ riflettere ancora su questo fatto .. che è una delle mie preoccupazioni come pastore e come uomo. Possiamo notare come ormai l’ordinamento giuridico degli Stati si stia sempre più riducendo ad essere il nastro registratore dei desideri ingiudicabili delle persone. Questo non era mai accaduto nella storia del diritto occidentale. È significativo il cambiamento semantico. Quando si diceva diritto si intendeva ciò che è giusto. Ius era lo Iustum! Oggi il diritto si è ridotto ad essere semplicemente la capacità soggettiva di esigere qualcosa senza che nessuno possa dare un giudizio su questo che io desidero, sul mio desiderio. Questo paradigma giuridico ha portato ad una società che è diventata la coesistenza più o meno regolamentata di egoismi opposti, nella quale inevitabilmente il più debole sarà considerato scarto. Ecco la cultura dello scarto della quale parla il Santo Padre! Un’altra conseguenza è ciò che i giovani pensano di se stessi. Pensano di essere un di più! «la società fa a meno di me».(Faccio notare a Sua Eminenza che la stessa osservazione l’ha fatta Franco Nembrini o almeno simile. Come se i ragazzi si sentissero quasi in colpa di esserci…è contento, anzi no, non sono contento – dice – di questa cosa! Ma mi conforta sapere che anche un educatore così di esperienza lo dica). L’altra sera davanti alla Madonna di San Luca ho detto: «Ragazzi, diciamo il rosario perché nessuno di voi si lasci derubare la speranza. Poiché questo è il vostro dramma: che voi guardate al vostro futuro non con speranza, ma con paura». Si sentono dei soprannumerari. È inevitabile. Chi ha, tiene ringhiosamente ciò che ha e non lo condivide. Abbiamo sindacati che difendono a spada tratta il lavoro di chi ce l’ha. E chi non ce l’ha ancora? Lei ha toccato un punto fondamentale su cui già Giovanni Paolo II ha scritto pagine mirabili. Bisogna riflettere molto seriamente su questa problematica.

Sembra di parlare sempre delle stesse cose perché sono tutte intersecate. Figli, madri e padri, sposi, giovani..Dobbiamo prendere atto che l’attacco di questa ideologia si concentra con particolare pervicacia sulla famiglia e sull’istituto matrimoniale. Ho avuto modo di leggere una Sua lectio, riportata da Tempi il 13 marzo 2015, all’interno del Convegno “Matrimonio e famiglia. La questione antropologica e l’evangelizzazione della famiglia” tenutosi a Roma il 12 marzo. Mi ha molto colpito la Sua analisi: spiegate il processo di progressiva e imperterrita de – costruzione di tutte le componenti del matrimonio (genitorialità, coniugalità, sessualità, procreazione, relazioni intergenerazionali). Lei afferma esplicitamente che in Occidente il matrimonio non è stato distrutto ma de-costruito pezzo per pezzo.Abbiamo ancora tutti gli elementi che lo costituiscono ma sono stati resi ambigui, non hanno più un significato univoco e non sono più integrati tra loro.

7- Da dove ha inizio questa de-costruzione e che scopo ha?

Dentro al senso della sua domanda si capisce bene l’ideologia del gender. Sono sempre più convinto che la tirannia che si cerca di imporre al riguardo, significativamente partendo soprattutto dalle scuole materne, abbia un obiettivo: la distruzione del matrimonio. Ritengo questa strategia un’opera satanica. È l’ultima sfida che Satana lancia a Dio: «Io ti faccio vedere che do origine ad una creazione alternativa alla tua e l’ uomo seguirà me, e starà meglio nella mia che nella tua». Leggendo la Genesi si vede che sono due i pilastri della creazione: il matrimonio uomo-donna e il lavoro. Ora noi vediamo anche l’attacco che oggi si fa al lavoro umano, negandone il primato. Si è fatto credere che si possono produrre beni senza il lavoro. Poi si è visto che era tutta carta, ma l’idea è rimasta.La distruzione del matrimonio che strada ha seguito? Nella lectio a cui fa riferimento l’ho chiamata la de-biologizzazione del matrimonio. Cioè far credere che il matrimonio non ha nulla a che fare con il corpo delle persone che si sposano, cioè con la persona che si esprime femmilmente e la persona che si esprime mascolinamente. Questa strada ha avuto un inizio ed è quando si è separato il corpo dalla persona.Si è detto che la persona non è il suo corpo ma ha un corpo. La persona è altro dal corpo. Spersonalizzando il corpo, si pone la premessa del pensiero che è matrimonio qualsiasi incontro fra due persone. Stesso sesso o sesso diverso. La sessualità nella sua dimensione biologica non ha referenza con la persona.

Io avevo fatto questa riflessione, posso chiederLe se ha fondamento? È come se il processo di assimilazione fosse al contrario. Sono le unioni eterosessuali che si vogliono fare assomigliare a quelle omosessuali: una relazione con importante contenuto affettivo e sessuale, più o meno durevole e non intrinsecamente collegata alla procreazione.

Certo, è vero. Infatti i figli si producono non si procreano. De-biologizzando l’ amore coniugale non ha più senso parlare della genealogia della persona, perché la persona è prodotta. Di questo è segno ed esito la scomparsa progressiva della figura del padre – e su questo i più attenti lanciano da tempo l’ SOS – perché il padre è il simbolo più chiaro della linea genealogica, l’indicazione del destino, del cammino. Questa è la paternità, come la maternità è custodia e cura. Anche senza essere esperti di biologia, osservando come è conformato il corpo femminile, vediamo che è fatto per custodire, per far rifiorire in sé la vita. E’ nella biologia della generazione che si iscrive la genealogia della persona. L’inizio di questo evento culturale è stato pensare. Che il corpo non è un corpo personale, e che la persona non è una persona corporale. In fondo l’ideologia del genere è il sogno di rendere tutte le persone come degli angeli. È indifferente il corpo che hai. Pascal dice che l’uomo non è né angelo né bestia, e quando vuol essere un angelo finisce per diventare una bestia. Il nostro difficile mestiere è essere al confine tra l’universo della materia e l’universo dello spirito. La sapienza di Dio si è veramente divertita! Creare puri essere spirituali e pura materia son capaci tutti (sic! Sorride..), ma un essere spirituale e materiale insieme è una meraviglia, è una cosa di una bellezza straordinaria. Come si esprime l’incontro tra le persone? Abbraccio, bacio, unione uomo e donna. Mai una donna permetterebbe di essere baciata da un altro uomo come fa suo marito. E tutto avviene attraverso il corpo, che però è corpo-persona.

8- Sempre nello stesso discorso Lei dice una cosa che deve interrogare profondamente noi cattolici, anzi no tutti gli uomini: sappiamo ancora sposarci naturalmente?

Perché il Sacramento eleva a dignità soprannaturale un legame naturale. La Vostra denuncia è che sia questo ad essere profondamente danneggiato, reso quasi irriconoscibile. Il problema oggi è il legame naturale. La capacità di sposarsi nel senso vero del termine è iscritta nella natura della persona umana. Foscolo: « Dal dì che nozze e tribunali ed are/ dier all’umane belve d’essere pietose/di sé stesse ed altrui».(U. Foscolo, I Sepolcri, 90-93). Nozze: gli animali non si sposano. Tribunali: gli animali non hanno giustizia, non risolvono i conflitti richiamandosi alla più giustizia ma al più forte. Ed are: mai visto animali costruire dei San Petronio (Basilica della Città di Bologna, ndr). Sposarsi è iscritto nella natura della persona umana. Ma questa capacità bisogna essere in grado di esercitarla. Perché oggi fatichiamo tanto? Questo è il punto. Il relativismo sul piano intellettuale ha estenuato la capacità della nostra volontà libera. Se io nego una verità che mi precede, che mi giudica, dentro la quale io dimoro, inevitabilmente anche la mia volontà libera diventa inconsistente, non diventa più capace di volere un bene; di volere un bene definitivo, perché un bene definitivo non esiste. Il relativismo genera l’inconsistenza della volontà. E’ come se l’arco del desiderio si fosse allentato per sempre.

9-Se questa è la diagnosi quali sono la cura e la prognosi? Insomma in tutte le occasioni possibili, opportune et importune, Lei ha voluto alzare la Sua voce di Pastore nei confronti del pericolo che la lotta per questi pseudo nuovi diritti provoca.

Se scoppia una pandemia i responsabili della sanità pubblica mettono in atto due strategie: una strategia di urgenza. Chi prende il virus va curato subito. Ma anche una strategia a lungo termine che vada alle cause ultime dell’epidemia. La diversità fondamentale tra le due azioni, quella d’urgenza e quella a lungo termine, è che la seconda esige tempo. Dobbiamo curare la pandemia della inconsistenza della volontà. I giovani sono schiavi del provvisorio. Va curata come meglio si può; ma bisogna mettere in atto anche un processo di cambiamento. Quali sono gli attori, gli agenti di questo processo di cambiamento? I pastori della chiesa e gli sposi cristiani. I pastori della Chiesa hanno una grande responsabilità su questo perché guai se un pastore smette di educare la persona a guardare verso il Principio! Quando a Gesù viene chiesto a quale delle due scuole rabbiniche si iscriveva riguardo la disciplina del matrimonio e della possibilità di ripudiare la moglie, se a quella più rigida o a quella più lassista, Lui ha risposto: “a nessuna delle due. Aggiustate la vista, guardate il Principio, al momento in cui l’ uomo e la donna sgorgano dalla sorgente creativa dell’amore di Dio. Guardate lì e cosa vedete? I due lasceranno la casa e saranno due in una carne sola”. («Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: 5 Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola?  Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi». Mt 19, 4-6). I pastori hanno questa responsabilità educativa. Guai se diventano anche loro schiavi delle opinioni, se si incatenano da sé nella caverna platonica per una malintesa condivisione della condizione umana. Se un cieco guida un altro cieco non cadono tutte e due nel fosso? E’ parola di Gesù. E poi gli sposi cristiani: perché con la loro vita mostrano il fascino della definitività dell’amore, mostrano che è bello sposarsi per sempre. Racconto un piccolo episodio. Anni fa ho incontrato due sposi che celebravano il 70°di matrimonio, 95 anni lui e 93 lei. Mi hanno detto: «dalla testa in su tutto funziona, dal collo in giù non funziona più niente». «Meno male che non è l’inverso», ho risposto. Mi avevano chiesto di celebrare l’eucarestia giubilare nella mia cappella privata. Essi vedevano il compiersi della benedizione che il sacerdote dà alla sposa nella celebrazione del matrimonio: hanno visto la 4° generazione. L’ ultimo era nato qualche settimana prima. Dopo la S. Messa, ci siamo fermati un momento, ed io ho detto: « 70 anni di matrimonio! Che noia!».«Eminenza, ma cosa dice? Ma lo sa che ci amiamo più adesso di quando ci siamo sposati?». «Volevo sentirvelo dire davanti a questi ragazzi. » (i loro nipoti, ndr)

L’amore, la logica dell’amore è la definitività, non la provvisorietà. Se Dio ci amasse provvisoriamente saremmo disperati. Il segno visibile della definitività dell’amore sono gli sposi cristiani. Suscitano nostalgia, attrazione verso ciò che è bello. 

10- Ha ricevuto molte manifestazioni di ostilità, non è vero? Conosciamo anche noi il livore che si scatena su questi temi..

Se uno non vuole ostilità non deva fare il prete.. Non era un’esortazione morale la mia, come se il problema centrale fosse la condotta umana. Non è così. Sono i fondamenti dell’umano ad essere erosi e distrutti! (si riferisce alla Lettera ai fedeli dell’aprile 2014). L’ideologia per difendersi ha solo un mezzo: l’attacco e l’insulto. Pensi alla favola del Re nudo (I vestiti nuovi dell’imperatore, ndr). Quando il bambino dice: «ma guardate che è nudo!» cosa si fa? Lo si fa tacere..non con argomenti ma con la forza o prendendolo in giro. I mezzi del potere.

Grazie Sua Eminenza della paterna disponibilità. E della pazienza..(ho esagerato con le domande?)

A intervista conclusa aggiunge questo.

Su certe cose che il Papa dice c’è silenzio e censura. Non devono essere comunicate, perché distruggerebbero l‘ ideologia del Papa virtuale che ovviamente è diverso dal Papa reale. Avere un rapporto col Papa virtuale è come non avere rapporto col Papa; e questo è un fattore di estrema debolezza nella vita dei fedeli. Così sta avvenendo. Quando ultimamente ho parlato della “cataratta” su un quotidiano era scritto: “il nostro Arcivescovo non è sulla linea d’onda di Papa Francesco..” Io ho più piacere che mi dicano che ho un’amante anziché che non sono in totale sintonia con il Santo Padre. Lo dissi immediatamente prima del Sinodo straordinario. E’ molto meno grave per un vescovo. Il mio portavoce, la settimana seguente ha fatto una sinossi tra quello che aveva detto il Papa a Napoli qualche giorno prima e i miei interventi. Confrontando i due testi si vedeva bene che il Papa aveva usato parole anche più dure delle mie. (La Croce quotidiano fa questo servizio, di non tacitare il Papa! Aggiungo io. Anzi riporta sempre con fedeltà i suoi interventi). Certo.

Il re è nudo..

E ci lasciamo con una cosa bella. Quando il Santo Padre Giovanni Paolo II mi ha chiamato a Roma per fondare l’Istituto per studi su Matrimonio e Famiglia ha voluto dedicarlo alla Madonna di Fatima. Io dopo qualche mese ho scritto a Suor Lucia per dire semplicemente che il Santo Padre ha voluto dedicare l’ istituto a Fatima e per dirle “Sorella, preghi per noi”. Non mi aspetto risposta. Dopo non tanto tempo mi arriva dalla Curia di Coimbra [bisognava sempre passare dalla diocesi per la corrispondenza] una lunga risposta, autografa di Sr. Lucia, alla fine della quale c’era scritto esattamente così: «Padre, non abbia paura! Verrà un momento in cui la battaglia decisiva di Satana con Cristo sarà il matrimonio e la famiglia. Ma non abbiate paura: la Madonna gli ha già schiacciato la testa».

Il tempo che il cardinale aveva a disposizione era terminato, ma tra i (molti) fogli con i quali mi ero preparata all’intervista ne mancava ancora uno, con un’ultima domanda – peraltro una alla quale tenevo particolarmente. Il cardinale mi ha chiesto di vederlo e mi ha detto che, non potendosi intrattenere oltre con me, avrebbe risposto per iscritto all’ultima domanda. Sull’impegno dei cattolici in politica.

11- Dopo l’epoca Ruini contraddistinta da una sostanziale unità ora la presenza e l’azione dei cattolici (non della Chiesa come istituzione) e le indicazioni della Chiesa italiana paiono più frammentate. Come popolo cristiano, come presenza che incide anche nella società civile e nell’agone politico, però spesso dobbiamo misurarci con separazioni, particolarismi, distinguo… e non è proprio il momento per disperdere energie. A cosa dobbiamo stare attenti? Perché c’è così tanta distrazione, tiepidezza se non addirittura connivenza?

Molte sono le cause che hanno prodotto l’attuale insignificanza della comunità cristiana nell’agorà politico. Mi limito a qualche accenno. Già Paolo VI individuava nella separazione tra fede e cultura il segno della debolezza dei cristiani. Ai miei fedeli dico la stessa cosa nel modo seguente: “ciò che celebriamo alla domenica, non ha alcun rapporto con ciò che facciamo il lunedì”. L’incapacità di elaborare un giudizio di fede circa ciò che sta accadendo, è una malattia gravissima di chi crede. Certamente, l’ingresso dell’agorà pubblico esige il rispetto da parte del credente di due beni dello Stato: la sua laicità; il sistema maggioritario come procedura per le deliberazioni pubbliche. Donde deriva la debolezza di giudizio? Ci sono fattori comuni a credenti e non credenti, quale per esempio, il sentire lo Stato come corpo estraneo al nostro vivere associato. E ci sono fattori propri del credente. A questo riguardo noi pastori dovremmo fare un serio esame di coscienza: siamo stati educatori veri al giudizio di fede?

La Versione di Melinda (prima parte)

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«Cette semaine est sainte ; une crise économique bien plus grave et bien plus fondamentale pour nos vies que celle de Wall-Street est en cours. Celle de l’économie du Salut: Dieu cherche à nous sauver et l’offre de son amour ne trouve que peu de demande. “L’amour n’est pas aimé!” ».

Ve lo metto in francese poi ve lo traduco al solo e unico scopo di sfoggiare la mia conoscenza della lingua d’Oltralpe. Sul fatto che l’operazione sia istantanea vi dovrete  fidare di una che spreca una serie di battute per ostentare una vaga reminescenza liceale.. Comunque dopo Simone Weil mi sono imbattuta in questo sito francese, Cahiers libres. Sono rimasta incantata nel leggere i due paragrafetti che ne dichiarano gli scopi lì a destra in homepage e che si chiudono con una citazione del molto amato Péguy: « Il y a quelque chose de pire que d’avoir une mauvaise pensée. C’est d’avoir une pensée toute faite». «C’è qualcosa di peggio che avere un pensiero sbagliato. È di non avere affatto un pensiero».

E poco sotto ho trovato l’invito ad abbonarsi alla lettre hebdomadaire. Ho una passione sfrenata per questo aggettivo. Ma non importa.

Mi sono imbattuta in due cose degnissime di nota. E credo lo siano anche molte altre. La prima è la citazione d’incipit, presa dall’editoriale della Settimana Santa 2015: «Questa settimana è santa; una crisi economica ben più grave e ben più fondamentale per le nostre vite di quella di Wall-Strett è in corso. Quella dell’economia della Salvezza: Dio cerca di salvarci e l’offerta del suo amore non trova che pochissima domanda.  “L’amore non è amato”». Lo crediamo davvero? Perché, in fondo, non è che questo. Dio ci vuole; e noi? Continua a leggere

Liberi di, liberi da. Liberi che?

Oggi, per la gioia dell’intera comunità scientifica dalla quale mi autoescludo, ho finito un corso di introduzione al geomarketing. Pausa. Altra pausa; un po’ più lunga. Ok, va bene. Introduzione alle più vaghe premesse su una delle applicazioni, dicono, io non lo so per conoscenza  diretta, maggiormente evolute della cartografia. A mia discolpa dirò che Geografia è stato l’unico 26 sul mio libretto universitario. (Sì, gli altri erano tutti più alti. Per tarare la performance leggete qui e qui.)

Comunque, com’è come non è, con un triplo carpiato e due avvitamenti sillogistici Continua a leggere

Mh mh

Scusate scusate scusate. Ritmi d’agosto. No, non blandi, serratissimi. 3 figlie s-e-m-p-r-e a casa. E il marito pure. Che non sembra ma fa il suo danno anche lui. Scherzo marito mio lo sai che t’amo e sempre t’amerò.

Comunque eccoci miei cari pochi ma fedeli amici. Come ve la passate? Che estate vi state regalando? Che cosa vi rigenera? E prima ancora che cosa vi ha spolpato, fiaccato, Continua a leggere

Beltà, cara

Secondo voi perchè non si contano i corsi, le proposte, i modelli concettuali, le tecniche, gli approcci per una “vendita efficace”? Io ho una mia ipotesi (non la scoperta del secolo, ma nemmeno l’invenzione dell’acqua calda, sempre a mio parere). Senza dilungarsi in definizioni accademiche credo che possiamo in modo abbastanza unanimame considerare efficace quella vendita che va a buon fine con la soddisfazione e del cliente e del venditore.

Per cui esiliamo una volta per tutte la frustra metafora del venditore talmente sgamato che ti vende un frigorifero al Polo Nord (a meno che del frigorifero non si trovi un utilizzo per quanto insolito ma effettivamente rispondente ad un reale, anche latente, bisogno del cliente). Continua a leggere