SI SALVI CHI VUOLE – Manuale di imperfezione spirituale. Il nuovo libro di Costanza Miriano

il blog di Costanza Miriano

SI SALVI CHI VUOLE – Manuale di imperfezione spirituale

Avete letto di tutto, dalle regole giapponesi al metodo danese, avete ascoltato guru improbabili, dal Grande Cocomero ai maestri orientali. Perché non provare allora a riscoprire una tradizione che, almeno, ha duemila anni di storia e miliardi di clienti molto soddisfatti e indubbiamente rimborsati? Recintare uno spazio per l’incontro con Dio, il totalmente Altro, e cercare di difenderlo a ogni costo è decisivo per la nostra felicità, eppure molti di noi procedono improvvisando, a tratti, con le energie residue, quando si ricordano. Ma come si fa a organizzare una vita spirituale nelle nostre giornate troppo connesse, compresse, piene di urgenze che altri hanno deciso per noi? Costanza Miriano – moglie carente, madre limitata, lavoratrice in ritardo – prova a proporre una regola di vita fondata su cinque pilastri:

preghiera, parola di Dio, confessione, Eucaristia, digiuno.

Tante persone questa regola già cercano…

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“Siamo donne. Oltre la differenziata c’è di più”, dal 23 novembre il nuovo libro di Paola Belletti

Mienmiuaif - Mia moglie ed io

Breve invito alla lettura di “Siamo donne. Oltre la differenziata c’è di più” di Paola Belletti, in uscita il 23 novembre in esclusiva nello shop online di Berica Editrice e a partire dal 4 dicembre dappertutto.

Un libro fin dal titolo pieno di ironia e autoironia, che ha il coraggio di andare fino in fondo e toccare temi che scottano. A partire da quell’ecologia integrale a cui Papa Francesco ha dedicato un’Enciclica intera, la Laudato si’. Quell’ecologia che non separa gli ambiti ma li tiene uniti: ecologia ambientale, economica, sociale, culturale… L’ecologia umana, l’ecologia del “cuore” umano, da cui viene tutto il resto. E lo fa in un’ottica femminile. Quasi un manifesto per donne orgogliose di essere tali. Vere femministe.

Un libro che non è un saggio ma un insieme di prose filosofiche, poetiche, narrative, giornalistiche… scritte dall’autrice col suo inconfondibile stile nel corso degli ultimi anni, selezionate…

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L’armata UOMOVIVO al Meeting

Mienmiuaif - Mia moglie ed io

A questo link le info sulla presenza al Meeting di Rimini degli autori e dei libri della collana “UOMOVIVO – umorismo, vita di coppia, Dio”, fra cui “Lettere a una moglie (ovvero la genesi del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif)”…

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Il capo scout gay, il prete e un (avvilente) silenzio

Giuliano Guzzo

C’è un prete a Staranzano. Verrebbe da commentare così, parafrasando Bertold Brecht, la vicenda che ha per protagonista don Francesco Fragiacomo, parroco di questo paese di poco più di 7.000 anime in provincia di Gorizia, il quale – pensate un po’ – è arrivato a dichiarare l’inadeguatezza di un capo scout a continuare a rivestire il proprio ruolo, dopo l’unione civile che questi ha contratto con un altro uomo. Apriti cielo. Ma come osa, questo don Francesco, esporsi in questo modo? Un fatto inaudito che ha trascinato non lo scout gay, come sarebbe accaduto solo una ventina di anni fa, bensì il povero parroco nell’occhio del ciclone.

Il comportamento di questo prete ha destato un tale sconcerto che le sue parole – come vedremo subito, per nulla dure – sono rimbalzate sui portali web dei principali quotidiani italiani e Radio Capital è addirittura corsa a intervistarlo, non è ben…

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Il neonato di Settimo Torinese è già morto. E noi?

«La lesione presente sulla testa del piccolo è un trauma da caduta, e le tre chiazze di sangue sull’asfalto potrebbero essere i segni del rimbalzo del corpicino.» Così si legge sulle cronache del corriere di ieri

Io lo chiamo Paolo. Questo santo veloce,  il piccolo martire istantaneo. Quel povero neonato e neomorto di Settimo Torinese.

La puerpera l’ha molto probabilmente gettato dal balcone o dalla macchina in corsa. E il suo corpo con l’anima attaccata ha fatto tre rimbalzi. Forse. Come la testa dell’Apostolo delle genti quando è stato decapitato, a Roma. Il sindaco è profondamente scosso, pensa ai suoi figli e come un padre normale prova sincero dolore,  forse rabbia per non aver potuto salvare questo inerme bambino. Anche il netturbino che ha chiamato i soccorsi dice a chi lo intervista che anche lui è papà e soffre molto. Moltissimo. Che se lo sarebbe pure adottato perché a lui e a sua moglie non manca niente. E che avrebbe voluto coprirlo subito ma il suo giubbino non era adatto. E il bambino era bello.

Fabrizio Puppo, sindaco di Settimo Torinese, dichiara, sempre sul corriere:

«Questa notizia mi ha letteralmente straziato il cuore prima di tutto come padre. Un neonato abbandonato per strada è una tragedia che lascia sgomenti, è una sconfitta per tutta la società. Un piccolo angelo volato in cielo in questo modo è un dramma che non trova conforto in nessuna parola. Al momento non sappiamo se chi ha abbandonato il neonato sia residente a Settimo, sono in corso le indagini».

Ora ci si attarda intorno alla scena del crimine. Ma il nastro giallo andrebbe allargato. Ha ragione il sindaco, è una sconfitta per tutti.

Però la colpa, l’atto è della madre, che ha confessato. E forse gravi, gravissime omissioni o azioni sono da attribuire al padre.  Anche ad altri, non si sa ancora nulla di certo.

Si chiama crimine, l’uccisione di quel neonato. Si dice morte alla constatazione del cessato battito cardiaco. Chissà che piccolo quel cuore! Chissà che dolore cadere dall’alto e rimbalzare. Chissà che freddo, che fame. Chissà cosa ha provato!

Non lo vedo riportato in nessun articolo ma a me è capitato di sentirlo rivolto a me e a mio figlio, gravemente menomato, il pensiero pseudo caritatevole che ora vi dico: «perché non l’ha abortito? Siamo nel 2017, com’è possibile?»

Già, come è stato possibile?

Ecco fino dove va srotolata la bobina di nastro che delimita la scena del crimine.

Non mi interessa niente degli sguardi dei progressisti commiseranti che si chiedono perché siamo ancora lì a mettere in discussione la legge 194 e tutte le sue omologhe planetarie. Potrebbe essere che quel muro stia per crollare. Il muro eretto dentro il nostro pensiero -sulle fondamenta della nostra stabile inclinazione all’egoismo -da quella maledetta legge per cui di qua c’è la vita, la civiltà, il poter vivere, di là no, di là se ti muovi troppo, se arrivi inopportuno,  sei ammalato o non torni utile ti uccidono.

Portiamolo fino in fondo il ragionamento, tanto la spinta dello sgomento, dell’orrore che ci contorce i visceri oggi ha ancora forza propulsiva.

Lo ha lasciato crescere e maturare fino alla nascita, questo figlio. Non lo ha abortito. E ha fatto bene, accidenti! Ha fatto bene! Lo avesse abortito in ospedale, magari da sola, previo appuntamento, impegnativa alla mano, di mattina presto; prima di una ragazza nigeriana o di qualsiasi altra nazionalità e dopo una sua coetanea italiana che il terzo figlio non se la sente di tenerselo, ci avrebbe risparmiato strazi, sgomenti, e numerosi “ma dove andremo a finire!”.

23 chiamate per abortire. Non era vero.

il blog di Costanza Miriano

di Costanza Miriano

Era tutto falso. Purtroppo non è vero che non sia facilissimo abortire. Non è vero che ci siano troppi obiettori di coscienza. Un’inchiesta della magistratura ha ristabilito la verità.
Ricordate quella donna veneta di 41 anni, a cui i giornali avevano dato il nome di Giulia buttandosi a pesce sulla sua vicenda, raccontando che siccome “non intendeva inoltrarsi lungo il sentiero della gravidanza” (leggi: voleva uccidere il bambino che aveva in grembo) e non aveva trovato posto in numerosi ospedali era stata costretta a un calvario di 23 tentativi a vuoto prima di trovare un medico che la facesse abortire? Ricordate come tutti i media ci si erano buttati a pesce, rinnovando la bufala dell’obiezione di coscienza, per appoggiare il presidente della Regione Lazio che al San Camillo aveva indetto un bando per medici ginecologi riservato ai non obiettori, bando di dubbia costituzionalità?
Bene, anzi male. Era…

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La porta gialla.Ovvero dell’oro e altri metalli preziosi.

 

Erica è bella. Erica è intelligente. Erica è arguta. Erica è geniale e pacata. Erica è viva. E, ragazzi, scrive così bene. Ha un ritmo bellissimo, un fraseggio leggero e pulito. E quando serve affilato e tagliente per separare, tagliare, per curare e guarire.

Ora che ha guadato un grosso fiume è venuta a raccontarcelo.

Ha pubblicato da poco con la San Paolo un libro di platino. Perché è piccolo, una ventina di pagine oltre le cento, ma ha un altissimo peso specifico.

Ed è nobile, come un metallo prezioso. Potrebbe pure essere d’oro. Giallo come la porta che apre e chiude il libro. La porta che, aprendosi, l’ha attirata come un vento gelido salito dagli abissi sul crepaccio della malattia e dello sgomento. Che l’ha trascinata proprio dove aveva ben specificato di non voler essere condotta. Ne aveva parlato con Dio. Va bene quasi tutto, ma non il tumore.

Si è ritrovata invece davanti ad un dottore con una diagnosi in mano che metteva in fila proprio quelle odiose sillabe, al plurale, per giunta. Ma ora credo non le odi più così tanto perché con il suo garbo tenace e la sua grazia guerriera ha detto «Va bene. Se è questo che ora mi offre la vita lo prendo. Se è quella la strada che mi tocca imboccare la imboccherò. Se è lì, tra chemioterapie, interventi, prostrazioni che devo andare a combattere, imbraccio quel che posso e parto».

Giallo come la stessa porta che dopo due anni avrebbe chiuso le correnti più forti fuori della sua vita, seppure nella tremante e incerta speranza sul futuro. Erica sa più di chi non ha ancora incontrato battaglie simili che il futuro è incerto nei suoi programmi. Eppure è paradossalmente più certo, molto più di prima nel suo disegno e nel suo approdo.

Perché ne ha riconosciuto la firma nei momenti più duri. Quando, schiacciata dalla stanchezza delle terapie e anche dei pensieri, ancora non sapeva se doveva prepararsi a guarire o a morire.

Sapeva già che nelle nostre esistenze agisce la Provvidenza. Ma non l’aveva ancora vista all’opera nella versione agonistica, secondo una sua felicissima espressione. Riscopre la preghiera e i sacramenti nella loro più profonda natura ed efficacia. Riesce anche a sorridere per le reazioni di qualche parrocchiano per l’Unzione degli infermi da lei ricevuta come consolazione e aiuto fisico e spirituale.

Racconta dello spettacolo che è la sofferenza, secondo lo stesso significato che assume la parola usata dall’evangelista per descrivere Gesù che muore in croce. Spectaculum.

Così spogliata vede fiorire amicizie inaspettate che si fanno solerti esecutori e imitatori della tenerezza divina. Ma, attenzione, tutto questo non è retorico o manieroso nemmeno per sbaglio. La malattia, ricordiamolo, non ha alcun fascino suo proprio. È solo che c’è stato e c’è Gesù Cristo e questo, signori miei, cambia tutto. Ribalta proprio tutto.

Erica lo sapeva di già, ma ora lo sa in ogni fibra del suo essere. Ha capito di aver conquistato cose che altrimenti chissà che giro lungo avrebbe dovuto fare per andare a prendersele. Si è lasciata amare quando lei stessa si riteneva pochissimo amabile, ha accettato di avere bisogno e ha così approfondito la sua già ricca umanità. Ha permesso di essere amata quando sapeva bene di non poter ricambiare e ha avuto l’intelligenza di accorgersi che quello era un paradigma. Un modello di amore che Dio le stava ricordando,  rimettendo in cuore.

«Sto scoprendo, in questo modo, guardando Gesù nella culla, accanto a Maria e Giuseppe, che nella malattia, così difficile da vivere, divento come una bambina che dipende da tutti ed è bisognosa di tutto. Sto scoprendo, guardando il Crocifisso, che ogni volta che saprò accettare e offrire il mio dolore, potrò essere la via per salvare un’altra persona dalla disperazione, così come è successo a me nel guardare chi ha saputo accettare la malattia trasformandola in via per incontrare e far incontrare Dio. Se saprò essere docile diventerò tabernacolo per Gesù. E chi mi starà vicino, se io mi lascerò aiutare, potrà avvicinarsi a Lui». (p. 89)

Ecco. Queste parole sono di metallo. Sono vere e brillanti. Estratte a mani nude da miniere oscure e inospitali. Non sono un allegato pensoso al sussidio per catechisti 2.0.

Chiunque può incontrare in varie forme il dolore e la prova. Ma quando ci capitasse siamo sicuri di avere un cuore vivo come quello di Erica da lasciarci trafiggere?

 

Se potete regalatevi questo fazzoletto ricamato di vita, che è il suo primo e spero non ultimo libro. Si legge di corsa perché viene subito voglia di rubarle il suo segreto. Si legge veloce perché veloci e profondi sono i passi e gli occhi dei suoi tre bambini che vivono con coraggio e paura la malattia della loro mamma. Ci si commuove con loro e per loro, ma senza indugiare in qualche angolo o disimpegno della casa del dolore dedicato al compiangersi o al compiacersi. Non ci sono stanze inutili. C’è il dolore umano così odioso eppure salutare. C’è la forza di un amore coniugale che nella sua apparente normalità nasconde una fibra resistente ed elastica.

Si ha voglia di stare con loro, sui loro monti vicino al lago o in gita a Roma, come è capitato a noi. O a casa nostra in giardino a fare un pic-nic e inventarsi lavoretti. O vedere giocare i nostri figli.

Erica ha uno sguardo così potente che in un paio di minuti ha colto le personalità di tutte le mie tre figlie. Ma non abusa mai di questo potere.

Insomma non so più se questo mio pezzo si possa spacciare per la recensione di un libro. Voleva esserlo. Invece è un elogio. È un inno di ringraziamento per una nuova e fiammeggiante amicizia che il Signore di tutte le vite ha voluto regalarmi. Sì, il Signore. Lo stesso che governa fulmini, tempeste e soleggiate. Lo stesso che lascia cadere infermità e tumori sui suoi piccoli figli quasi innocenti. Lo stesso che li sostiene e li consola. Lo stesso che scolpisce e prova nel fuoco. Lo stesso che, passata la prova, ci soffia via la polvere e ci tiene in mano per farci brillare. Come l’oro, come il platino. Come Erica e tutti i suoi.

 

“Cento minuti sul Vangelo. Per capire chi è Lui” – di Padre Maurizio Botta

La collana si impreziosisce di sifatta gemma! È facile e così struggente riconoscere in Padre Maurizio l’urgenza intima eppure offerta di conoscere e stare occhi negli occhi col Nostro Dio incarnato. Del quale sappiamo a volte poco e male. Venite! Abbiamo conosciuto il Messia.

Mienmiuaif - Mia moglie ed io

L’ultimo libro uscito nella collana “UOMOVIVO – umorismo, vita di coppia, Dio”, edita da Berica Editrice, ha il sapore della radicalità e della fede vissuta fino in fondo. “Cento minuti sul Vangelo. Per capire chi è Lui”, di padre Maurizio Botta, è un corpo a corpo con la Parola senza finzioni. L’autore, sacerdote della parrocchia di Santa Maria in Valicella a Roma noto per i suoi incontri “Cinque passi al mistero” e per il seguitissimo blog che porta lo stesso nome, ci accompagna in un viaggio al centro del Vangelo con un linguaggio diretto e contemporaneo, che può arrivare a tutti ma che non rinuncia per questo alla bellezza, all’intensità e alla verità della “buona notizia”.

“Io voglio questa buona notizia, solo questa. Io voglio essere regnato da Dio. Io voglio avere Dio per Re. L’unica cosa che mi interessa. Per nient’altro vale la pena vivere.”

Padre Maurzio…

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Tutte le balle radicali sull’eutanasia

Giuliano Guzzo

eutanasia

Avanti il prossimo. Dj Fabo se n’è andato, ma i promotori dell’autodeterminazione assoluta sono nuovamente all’opera. «Ci sono altre due persone che stiamo aiutando», ha infatti dichiarato nelle scorse ore Marco Cappato, uscendo

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